Il metodo anatomo-clinico fra meccanicismo ed empirismo. Marcello Malpighi Antonio Maria Valsalva e Giovanni Battista Morgagni – Fabio Zampieri

Frutto di quattro anni di ricerca e vincitore del Bando Giovani Studiosi, il presente volume è opera di Fabio Zampieri, dottore di ricerca e ricercatore in storia della medicina presso il Dipartimento di Scienze Cardiologiche, Toraciche e Vascolari, con Prefazione di Gaetano Thiene, professore ordinario di Anatomia Patologica, noto specialista, a livello internazionale, in patologia cardiovascolare. Il volume ricostruisce la storia della genesi del metodo anatomo-clinico che ha costituito una svolta epocale in medicina. Ancor oggi tale metodo, che si occupa della cosiddetta correlazione anatomo-clinica, cioè dell’ analisi dei substrati morfologici delle malattie, è alla base del processo diagnostico e delle decisioni terapeutiche nel segno della collaborazione fra anatomo-patologi e clinici. Nel suo focalizzarsi sulla lesione organica, cioè sui segni fisici che la malattia determina nell’ organo, nei tessuti, nelle cellule e fino ai costituenti molecolari, il metodo anatomo-clinico ha costituto il passo decisivo nella nascita della medicina scientifica moderna. Prima della sua imposizione, infatti, i medici ritenevano che le malattie fossero causate e caratterizzate non tanto da lesioni organiche, quanto da squilibri umorali, secondo l’ antichissima teoria degli umori e dei temperamenti che risaliva al pensiero classico di Ippocrate e Galeno. Marcello Malpighi, bolognese, uno dei principali protagonisti della ricerca biomedica seicentesca, fra i primi a utilizzare il microscopio, fu il maestro di Antonio Maria Valsalva, uno dei più insigni anatomisti e chirurghi del suo tempo, docente anch egli nello Studio di Bologna, che a sua volta trasmise gli insegnamenti malpighiani a Giovanni Battista Morgagni, laureato a Bologna e docente a Padova, al quale si deve la prima formulazione piena e consapevole del nuovo metodo anatomo-clinico e la fondazione dell’ anatomia patologica come disciplina autonoma. Per comprendere appieno il significato di questo evento storico, è stato necessario ricostruire minuziosamente il contesto in cui è sorto, caratterizzato da un ampio e aspro dibattito scientifico-metodologico che ha visto opporsi due scuole apparentemente inconciliabili: quella empirica, che riteneva non si potesse indagare sulle cause interne delle malattie, ma ci si dovesse limitare a osservare la storia clinica e gli effetti delle terapie sui pazienti; e quella dogmatica, neoterica o razionale, che sosteneva, al contrario, che si dovessero analizzare le cause interne delle malattie, in particolare attraverso l’ anatomia e il metodo meccanicista, secondo il quale i processi biologici, obbedendo alle leggi fisiche, erano analoghi alle macchine costruite dall’uomo. La circolazione, in questo senso, era esemplificata dalle macchine idrauliche e la digestione era paragonabile a un processo di triturazione, cottura e filtrazione dei componenti nutritivi. La tesi principale del volume è che Giovanni Battista Morgagni fu in grado di risolvere questo dibattito non tanto con una soluzione di rottura, propendendo per una o per l’ altra scuola, quanto con uno straordinario tentativo di sintesi nel quale gli approcci empirico e dogmatico trovarono un’ armonica configurazione nel metodo anatomo-clinico, fondato, appunto, sull’osservazione clinica e anatomica delle malattie, e sulla concettualizzazione dei processi fisiopatologici attraverso modelli di stampo meccanicistico. Quest’ operazione fu possibile grazie agli insegnamenti di Malpighi e di Valsalva, alle cui figure sono dedicate le prime due sezioni del volume. Dell’ amplissima produzione di Morgagni, la ricerca, infine, si è concentrata in particolar modo sui casi di malattie cardiovascolari analizzati dal grande scienziato, in quanto esemplari della sintesi da lui proposta di empirismo e meccanicismo.

F.Zampieri_Il metodo anatomo-clinico